Nel mondo antico, la musica permeava ogni aspetto del vivere quotidiano, civile e religioso, pubblico e privato del singolo e della comunità e ad essa era riservato uno spazio importante nella formazione dell'individuo. Per la Grecia, i filosofi Platone e Aristotele testimoniano come la musica fosse parte integrante della paidèia (educazione) del giovane ateniese di età classica, destinato a divenire buon cittadino in quanto uomo colto, ossia "uomo musico" (mousikòs anèr).
Punto di partenza di questo "viaggio" assolutamente inedito, sono alcuni strumenti musicali antichi: sul territorio toscano, il piccolo lotto di strumenti a fiato, in legno di bosso e in avorio, recuperato nelle acque della Baia del Campese, dal relitto di una nave affondata presso l'Isola del Giglio circa 2.600 anni fa, attualmente esposto nella Mostra permanente "Memorie sommerse" della Fortezza spagnola di Porto Santo Stefano. Sul suolo campano invece, due strumenti a fiato in osso di cervo restituiti da un contesto tombale e conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Paestum.
Grazie ad analisi scientifiche e ad artigiani capaci di eseguire delle copie perfette per materia – legno di bosso stagionato - e misure, la riproduzione degli strumenti al vero ha rappresentato il primo stadio della ricerca. Stefano Cantini ha individuato, negli affreschi di Tarquinia, il tipo di ancia atta a restituire agli strumenti la loro voce "perduta": ancia semplice battente. L'ancia raccoglie la prima emissione d'aria dalla bocca del musicista e vibrando trasmette il primo suono alla lunga canna dello strumento, facendo vibrare la colonna d'aria contenuta nel calibro interno e rendendolo così capace di emettere quei suoni che componevano la sua voce.