Nella casa signorile, una ricca mensa era imbandita, sulla tavola si servivano in prevalenza cereali e legumi che riposavano nei grandi orci in ceramica di impasto. I bracieri, collocati accanto alla mensa, mantenevano calde le pietanze, riposte nelle olle panciute. Le carni degli animali da allevamento e della cacciagione erano accompagnate da pani e da focacce. L'olio di oliva esaltava il sapore delle pietanze; il miele ed i grassi, contenuti nei vasetti, ne accrescevano il gusto.
Il vino, contenuto nelle anfore e servito in tavola nelle brocche, veniva mescolato con l'acqua (nella misura di un terzo di vino e due terzi di acqua) nel cratere, quindi venivano aggiunti miele, spezie e formaggio grattugiato. Il simposiasta giaceva semisdraiato sulla klìne, il letto conviviale, e dirigeva, al termine del banchetto, la cerimonia dedicata alla mescita del vino, in greco il "simposio", da attuare fra "uguali", ossia fra convitati appartenenti al medesimo elevato ceto sociale. Gli inservienti filtrano il vino e lo versano nelle coppe a due manici (kýlikes) e nei calici. L'atmosfera è profumata da essenze che bruciano negli incensieri, la riunione accompagnata da recitazioni, canti, esibizioni e giochi.
Il celebre kòttabos di Vetulonia, un arredo in bronzo delle sale da banchetto restituito da un deposito votivo scoperto sull'Acropoli di Vetulonia, è celebre per la figura del Sileno danzante posta sulla cima dell'asta che sorregge il piattello destinato a rivestire un ruolo fondamentale nel gioco omonimo. Il Sileno è una figura mitologica dai tratti umani, ma con coda, orecchie e zoccoli equini: è tratto dal corteggio dell'etrusco dio del vino, Fufluns, corrispondente al Dioniso greco, e appare ritratto nella posa peculiare dell'inchino, intento quasi a compiere un elegante gesto di invito.
Il gioco, inventato in Sicilia e largamente diffuso in Grecia e in Etruria, veniva allestito al termine del simposio e, fra tutti i giuochi, era quello "che di preferenza soleva rallegrare i banchetti galanti". Come ben ci racconta l’archeologo Luigi Pernier pochi anni dopo la scoperta, esso consisteva "nel gettare con un gesto di elegante destrezza il poco liquido del fondo della coppa libata contro il piattello ch'era posto in bilico in cima all'asta del kòttabos. Vinceva chi, colpendo il piattello, lo faceva cadere sul disco di mezzo, che risuonava alla percossa; ed era premio un frutto, un dolce, un ninnolo, talora anche un bacio." (L.Pernier 1919).